Rischio operation e connessi rischi in materia di HS&E

Le attività industriali di Eni in Italia e all’estero nei settori della ricerca, sviluppo e produzione d’idrocarburi, raffinazione e trasporto di carburanti e altri prodotti infiammabili e produzioni petrolchimiche sono esposte per loro natura ai rischi operativi che possono avere conseguenze dannose per le persone e per l’ambiente. Le cause potrebbero essere guasti tecnici, malfunzionamenti, errori umani, perdite di contenimento, collisioni con navi con possibili conseguenze quali esplosioni, incendi, fuoriuscite di greggio e gas dai pozzi, rilascio di contaminanti, emissioni nocive (v. anche il paragrafo che segue “Rischi specifici dell’attività Oil & Gas”). L’ambito di tali rischi è influenzato dalla geografia e dalle condizioni climatiche dei contesti territoriali, dalla presenza di ecosistemi sensibili e di specie protette e dalla complessità tecnica delle attività industriali. Per questi motivi le attività del settore petrolifero sono soggette al rispetto di norme e leggi severe a tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza, sia a livello nazionale sia da protocolli e convenzioni internazionali. Le norme impongono restrizioni e divieti di varie tipologie, prevedono il controllo e il rispetto dei limiti di emissione di sostanze inquinanti in aria, acqua e suolo, limitano il gas flaring e il venting, prescrivono la corretta gestione dei rifiuti e degli scarti industriali, oltre che la conservazione di specie, habitat e servizi ecosistemici, richiamando i gestori ad adempimenti sempre più rigorosi e stringenti in termini di controlli, monitoraggi ambientali e misure di prevenzione. Gli oneri e i costi associati alle necessarie azioni da mettere in atto per rispettare gli obblighi previsti costituiscono una voce di costo significativa negli attuali esercizi e in quelli futuri. La violazione delle norme comporta sanzioni di natura penale e/o civile a carico dei responsabili e, in alcune giurisdizioni, sanzioni a carico delle aziende; ad esempio il modello europeo di responsabilità dell’impresa recepito in Italia con il D.Lgs. 121/2011 (a integrazione del D.Lgs. 231/2001) estende la disciplina della responsabilità amministrativa dell’ente ai reati in materia ambientale.

Eni si è dotata di sistemi gestionali integrati, standard di sicurezza e pratiche operative di elevata qualità e affidabilità per assicurare il rispetto della regolamentazione ambientale e per tutelare l’integrità delle persone, dell’ambiente, delle operations e delle comunità che sono interessate dalle attività industriali. Ciononostante, il rischio potenziale di eventi dannosi di proporzioni anche rilevanti , anche se può essere ridotto fino a risultare estremamente improbabile, non può essere eliminato del tutto. L’accadimento di un tale tipo di rischio potrebbe comportare rilevanti impatti sulla gestione Eni, sui risultati economici e finanziari, sulle prospettive e sulla reputazione.

Le leggi ambientali impongono l’obbligo a chi inquina di bonificare e ripristinare lo stato dei suoli e delle acque contaminate dai residui delle attività industriali o a seguito d’incidenti. Eni è esposta in misura rilevante a tale rischio in Italia, dove, a eccezione delle attività di ricerca e produzione d’idrocarburi, è concentrata la maggior parte dei siti industriali in produzione o presso i quali ha condotto in passato attività minero-metallurgiche e chimiche. Tali siti sono stati progressivamente dismessi, chiusi, smantellati o ristrutturati. Presso questi siti Eni è stata chiamata da vari enti pubblici (il Ministero dell’Ambiente, enti locali o altri), anche attraverso la citazione innanzi alla giustizia amministrativa o civile, a realizzare interventi di bonifica dei terreni e delle falde e di ripristino dell’ambiente che si presumono essere stati inquinati o alterati dalle attività industriali svolte in passato dal Gruppo. Nonostante Eni abbia reso la dichiarazione di “proprietario non colpevole” poiché non si ritiene responsabile per il superamento di parametri d’inquinamento tollerati dalle leggi di allora e sia subentrato in molti casi ad altri operatori nella gestione di tali siti, non si può escludere che Eni non possa incorrere in tali passività potenziali.

Il Bilancio Eni accoglie i costi che dovrà sostenere in futuro per eseguire le bonifiche e i ripristini di aree contaminate a causa delle proprie attività industriali e per i quali è stato possibile stimare l’ammontare dei relativi oneri in modo attendibile, a prescindere dall’eventuale quota di responsabilità di altri operatori ai quali Eni è subentrato. è possibile che in futuro possano insorgere nuove passività legate a eventi passati a causa del rinvenimento di nuove contaminazioni, dei risultati delle caratterizzazioni in corso sui siti d’interesse in base alla normativa ambientale corrente o a futuri sviluppi regolatori e dell’esito dei procedimenti amministrativi o giudiziali in corso e ad altri fattori di rischio (v. il punto “Regolamentazione in materia ambientale" di cui alla nota n. 35 al Bilancio consolidato).

In riferimento alla responsabilità dell’impresa sui reati ambientali inclusi nel D.Lgs. 231/2001, (rif. D.Lgs. 121/2011), per assicurare il controllo sulla possibilità di commissione di tali reati, Eni ha definito strumenti di controllo operativo per valutare i rischi e monitorare la corretta operatività nell’ambito delle attività sensibili ai sensi del D.Lgs. 231/2001, in tema ambientale.

Il rispetto della biodiversità, la salvaguardia dei servizi eco-sistemici e l’uso efficiente e sostenibile delle risorse naturali costituiscono un requisito imprescindibile, in particolare per l’attività di prospezione, ricerca e produzione di idrocarburi, in aree geografiche dove queste condizioni possono anche determinare dei limiti nelle licenze ad operare.

Al fine di mitigare i rischi su indicati, Eni ha definito idonei strumenti di identificazione, valutazione e monitoraggio delle tematiche afferenti il cambiamento climatico, le risorse idriche e la biodiversità, nonché di valutazione del rischio emergente. Per recepire efficacemente e tempestivamente le migliori pratiche relativamente alla gestione delle tematiche ambientali, di sicurezza e sociali, Eni è attiva in gruppi di lavoro delle associazioni internazionali di settore (OGP e IPIECA) che mirano a definire linee guida e pratiche operative volte alla riduzione dell’impronta ambientale e sociale delle attività Oil & Gas.

In merito ai cambiamenti climatici, oltre ai rischi di compliance legati all’Emission Trading e all’evoluzione delle politiche sul clima europee (rif. framework su Energia e Clima al 2030) e internazionali (negoziati sull’Accordo post 2020), Eni monitora anche il rischio idrico e gli eventi naturali dei cambiamenti climatici al fine di identificare le migliori strategie di adattamento per il futuro. Sono in corso di approfondimento specifici strumenti di valutazione dei rischi di lungo termine per l’ambiente e iniziative di gestione finalizzate all’adattamento, al cambiamento climatico in supporto all’unità di Risk Management Integrato e alle funzioni di business.

La tutela dell’ambiente si attua in primis identificando le caratteristiche salienti dell’ambiente naturale in cui le attività hanno o avranno luogo in modo da evitare o mitigare il più possibile gli impatti su specie, habitat e servizi ecosistemici fin dai primi stadi del ciclo operativo. L’adozione delle migliori tecnologie disponibili, l’applicazione di pratiche operative sempre più rigorose e stringenti in termini di prevenzione e riduzione dell’inquinamento e la corretta gestione dei rifiuti prodotti consentono poi di gestire in modo efficiente l’attività industriale durante la fase operativa e di perseguire un controllo elevato di tutti i rilasci in funzione delle peculiarità impiantistiche e territoriali. L’adozione estesa in Eni di sistemi di gestione integrati di salute, sicurezza e ambiente assicura la compliance normativa, il miglioramento continuo delle performance ambientali e l’efficacia delle azioni intraprese in termini di prevenzione e contenimento dei possibili impatti ambientali. Negli ultimi anni i principali Siti di Eni si sono dotati di sistemi informatici in particolare per la gestione dei rifiuti, al fine di migliorare la tracciabilità e il controllo delle operazioni, e quindi ridurre il rischio di violazioni delle norme. Tali sistemi facilitano anche l’individuazione delle soluzioni di smaltimento/recupero più appropriate nel rispetto della gerarchia stabilita dalla Direttiva 2008/98/CE.

La criticità della relazione ambiente – salute – comunità emerge non solo in contesti nuovi per Eni, ma anche in quelli caratterizzati da attività industriali ormai radicate sul territorio; tale interesse si è concretizzato in sede europea con l’elaborazione da parte della Commissione di una serie di nuove proposte normative come il pacchetto sulla qualità dell’aria. In Italia è stato emanato il Decreto del 24/04/2013 – pubblicato in GUI il 23/08/13 – recante i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di VDS (valutazione del danno sanitario).

Tali azioni potranno avere come sviluppo l’imposizione ai settori industriali di limiti emissivi ancora più stringenti (in particolare quelli localizzati in prossimità di contesti urbani dichiarati critici dal punto di vista ambientale e sanitario), attraverso il riesame delle AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) emesse, con potenziali effetti economici e occupazionali e potenziali rischi di sanzioni o richieste di risarcimento. Si sta sempre più rafforzando, pertanto, la richiesta delle autorità di valutare preventivamente il potenziale impatto sulle comunità locali delle nuove attività industriali e di quelle in esercizio al fine di porre in atto le necessarie azioni preventive già a partire dalla fase di progettazione e di autorizzazione all’esercizio.

La normativa europea riguardante la classificazione, produzione, commercializzazione, importazione e utilizzo degli agenti chimici si è sempre più evoluta e integrata negli ultimi anni con l’emissione del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (conosciuto come REACH, Registration, Evaluation, Authorization and Restriction of Chemicals) e del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (conosciuto come CLP, Classification Labeling and Packaging). Tali regolamenti, le cui ultime scadenze per l’applicazione sono fissate al 2018, hanno introdotto nuovi obblighi con un notevole impatto, soprattutto organizzativo, sulla gestione delle attività di Eni e in particolare nel rapporto con i clienti, i fornitori e i contrattisti. Inoltre, in caso di mancata applicazione degli adempimenti previsti, sono definite pesanti sanzioni sia di tipo amministrativo sia penale fino ad arrivare alla sospensione della produzione e commercializzazione.

A luglio 2012 è stata pubblicata la Direttiva 2012/18/UE del 4 luglio 2012 sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, destinata ad abrogare e sostituire la direttiva 96/82/CE. In base alla nuova direttiva, entro il 1° giugno 2015, gli Stati membri dovranno adottare le nuove regole per il controllo dei pericoli di incidenti rilevanti. Il provvedimento prevede la riformulazione della classificazione delle sostanze pericolose alla luce degli ultimi regolamenti comunitari, la possibilità di modulare il campo di applicazione della normativa in relazione all’effettiva pericolosità delle medesime, l’ampliamento delle informazioni da mettere a disposizione delle Autorità competenti e del pubblico interessato.

Per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la normativa italiana ha enfatizzato il valore di modelli organizzativi e di gestione, attribuendo a questi efficacia esimente della responsabilità amministrativa dell’impresa, in caso di violazioni delle disposizioni legislative riguardanti la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Eni ha reso obbligatoria l’adozione di tali sistemi in tutte le sue società che gestiscono un rischio significativo HSE.

Le strategie e le azioni Eni per la salute, la sicurezza e l’ambiente sono realizzate in accordo con quanto stabilito nelle policy aziendali e declinate nella Management System Guideline (MSG) HSE. Il processo descritto nella MSG ha lo scopo di garantire una gestione operativa fondata sul principio della precauzione e che assicuri la massima efficacia nella prevenzione, gestione e controllo dei rischi in ambito HSE. La MSG descrive in modo chiaro ruoli e responsabilità dei diversi livelli organizzativi, disciplina le attività previste nei processi HSE e la loro interazione con gli altri processi aziendali e, mediante una gestione integrata, diffonde metodologie e criteri comuni all’interno di Eni. La MSG, basandosi sul principio del miglioramento continuo, richiede un ciclo annuale di pianificazione, attuazione, controllo e riesame dei risultati. è inoltre orientata alla prevenzione e protezione dei rischi e al controllo della gestione HSE attraverso l’implementazione di un processo continuo di individuazione, valutazione e mitigazione dei rischi che è alla base della gestione HSE in tutte le fasi di attività di ciascuna unità di business. Esso si attua con l’adozione di sistemi di gestione che tengono conto della specificità delle attività, dei siti e del costante miglioramento degli impianti e dei processi. Inoltre Eni si è dotata di un sistema di controllo dei rischi HSE basato sul monitoraggio periodico degli indicatori HSE (a cadenza trimestrale, semestrale e annuale) e su un piano strutturato di audit a copertura di tutti i siti, secondo le seguenti tipologie:

  • technical audit, volti ad accertare l’esistenza presso i siti/unità operative e sedi delle unità di business di adeguati sistemi di gestione, della loro corretta applicazione e coerenza con la MSG HSE, il Codice Etico e il Modello Organizzativo 231 Eni;
  • verifiche di acquisizione/mantenimento/rinnovo delle certificazioni dei sistemi di gestione (con frequenza annuale effettuate da un ente certificatore);
  • verifiche di conformità alle normative vigenti in materia HSE;
  • audit finalizzati alla verifica del sistema di gestione della sicurezza di processo (downstream) o alla verifica dell’efficacia delle barriere preventive e mitigative contro gli effetti dei rischi di processo (upstream);
  • audit per tematiche/attività/processi specifici (es. audit a seguito di segnalazioni, infortuni o incidenti).

Eni pone particolare enfasi alla sicurezza di processo e all’asset integrity, anche attraverso incontri di sensibilizzazione del middle management e la diffusione capillare di strumenti di verifica selettivi quali audit e verifiche specifiche.

Le eventuali emergenze operative che possono avere impatto su asset, persone e ambiente sono gestite dalle unità di business a livello di sito, con una propria organizzazione che predispone, per ciascun possibile scenario, un piano di risposta per limitare i danni in cui sono definiti ruoli e risorse deputate all’attuazione. È emblematica l’azione di Eni in Nigeria, in cui, a fronte del permanere dei fenomeni di sabotaggio sugli oleodotti, sono stati avviati progetti di ricerca quali l’“Anti-intrusion innovative technologies deployment” volti a sviluppare nuove tecnologie per contrastare e ridurre il fenomeno “oil theft”. è anche in corso la valutazione e la predisposizione di sistemi di monitoraggio in remoto delle condotte per aumentare l’accuratezza della localizzazione degli spill e, di conseguenza, per favorire la tempestività degli interventi di contenimento e riparazione.

In caso di emergenze di maggiore rilievo i Siti di Eni sono coadiuvati dall’Unità di Crisi Corporate che supporta le Divisioni e Società nella gestione dell’evento, attraverso un team specialistico che ha il compito di coordinare l’apporto di risorse, mezzi e attrezzature interne ed esterne a Eni.

In aggiunta al sistema di gestione, monitoraggio e risposta ai rischi di natura HSE, Eni ha attivato coperture assicurative tramite la partecipazione alla mutua Oil Insurance Limited e altri partner assicurativi per limitare i possibili effetti economici derivanti dai danni provocati a terzi, alle proprietà industriali e all’ambiente in caso di incidente. L’ammontare coperto varia in base alla tipologia dell’evento e comunque rappresenta una quota significativa della capacità messa a disposizione dal mercato di riferimento.

In particolare, gli sversamenti di petrolio o altri danni all’ambiente sono coperti in base alle polizze stipulate per oneri per bonifiche, danni a terzi e contenimento del danno fino a un massimo di $1,1 miliardi per incidenti offshore e $1,5 miliardi per l’onshore (le raffinerie). A queste si aggiungono polizze assicurative che coprono le responsabilità del proprietario, dell’operatore e del noleggiatore di mezzi navali in base ai seguenti massimali: $1 miliardo per le responsabilità connesse alla flotta di proprietà della LNG Shipping e delle FPSO utilizzate dal settore Exploration & Production nello sviluppo di giacimenti offshore; $500 milioni nel caso di noleggio di time charter.

A seguito dell’incidente di Macondo verificatosi nel 2010 nel Golfo del Messico, il Governo statunitense e i Governi di altri Paesi hanno adottato regolamentazioni più stringenti in tema di attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Gli Stati Uniti hanno aumentato il livello della sicurezza riorganizzando la propria agenzia per l’ambiente, modificando le norme di sicurezza e avviando un Sistema di Gestione Ambientale (SEMS) obbligatorio per tutti i gestori. Inoltre l’industria ha istituito il Centro per la sicurezza in mare aperto a Houston per sostenere la verifica delle pratiche di SEMS. Al fine di garantire la massima sicurezza delle proprie operazioni nel Golfo, Eni ha aderito al consorzio guidato dalla società Helix che ha partecipato alle operazioni di contenimento del pozzo Macondo. Il sistema denominato Helix Fast Response System (HFRS) effettua le operazioni di contenimento sottomarino dei pozzi in eruzione, l’evacuazione in superficie degli idrocarburi e il loro stivaggio e trasporto alla costa.

La risposta internazionale delle oil company a Macondo ha compreso anche l’avvio di alcuni Joint Industry Project (JIP) in ambito di oil spill response. Eni partecipa attivamente ai JIP promossi da OGP e IPIECA e in collaborazione con altre oil companies. Eni sta inoltre sviluppando tecnologie proprietarie volte sia a ridurre il rischio di incidenti sia ad accelerare il recupero di eventuale olio sversato a mare.

A livello europeo è stata emessa il 12 giugno 2013 la direttiva 2013/30/EU sulla sicurezza delle operazioni Oil & Gas offshore avente lo scopo di sostituire le esistenti legislazioni nazionali e uniformare l’approccio legislativo a livello europeo. Le nuove disposizioni riguardano le installazioni offshore fisse e mobili, produttive o di perforazione, future ed esistenti. La concessione del titolo minerario è subordinata alla valutazione della capacità tecnica e finanziaria dell’operatore di far fronte ad incidenti significativi e alle responsabilità legali che ne derivano. L’operatore deve elaborare un Rapporto sui Rischi Significativi per ogni fase rilevante del ciclo di vita dell’asset. È stabilita a livello di Autorità nazionali la separazione delle funzioni aventi competenza su sicurezza e ambiente (Autorità Competente) dalle funzioni che si occupano di sviluppo economico delle risorse naturali e di assegnazione dei titoli minerari. È stabilità la partecipazione pubblica in sede di rilascio delle autorizzazioni delle attività esplorative e l’informazione pubblica per le attività successive.

Eni, in consorzio con le principali major, ha attivato un agreement con Wild Well Control, per l’utilizzo del “Global Subsea Well Containment equipment” e con Oil Spill Response (OSRL) per lo stoccaggio di 5.000 mc di materiale antinquinamento. L’attrezzatura è in grado di essere trasportata via aerea in tutte le regioni ove Eni ha operazioni deep water. Eni ha inoltre definito specifiche procedure per l’identificazione, gestione e controllo di pozzi critici (HP/HT e deep water).

Inoltre Eni, in virtù del Memorandum of Understanding, siglato ad agosto 2012 con Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea (REMPEC) e Department of Merchant Shipping of Cyprus (DMS), sta contribuendo al progetto “Mediterranean Decision Support System for Marine Safety (MEDESS-4MS) dedicato al rafforzamento della sicurezza marittima tramite la mitigazione del rischio e degli impatti associati agli oil spill nell’area del Mediterraneo che si concluderà nel 2015.

In ambito italiano, il legislatore, con il D.Lgs. 128/2010 che modificava l’art. 6, comma 17, del D.Lgs. 152/2006, tuttora in vigore, ha introdotto alcune restrizioni alle attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi mantenendo tuttavia l’efficacia dei titoli abilitativi in essere alla data di entrata in vigore del decreto stesso. La nuova norma dispone l’esclusione dal divieto alle attività di ricerca ed estrazione nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle aree costiere protette per le istanze di concessione di coltivazione idrocarburi, già formalmente presentate alla data di introduzione del D.Lgs. 128/2010.

La Legge n. 134 del 7/8/2012, art. 35 ha confermato il limite delle 12 miglia, estendendolo a tutte le coste, specificando che dalle restrizioni sono fatti salvi i procedimenti concessori che erano in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 128/2010 del 2010.