Rischi e incertezze associati con il quadro competitivo del settore europeo del gas

Le prospettive del settore europeo del gas rimangono sfavorevoli a causa della perdurante debolezza della domanda e dell’eccesso di offerta, in un quadro macroeconomico stagnante. Il management non prevede alcun apprezzabile miglioramento nello scenario di mercato e nella domanda a breve medio termine. Nel 2013 i consumi di gas hanno registrato una contrazione del 7% in Italia e dell’1% in Europa a causa della recessione e della crisi del settore termoelettrico penalizzato sia dal calo dell’attività produttiva sia dalla competizione da altre fonti: la crescita delle energie rinnovabili e la maggiore economicità del carbone favorita anche dall’abbondanza dei certificati di emissione. In considerazione di tali trend fondamentali il management ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita a medio termine: nel prossimo quadriennio è atteso un tasso d’incremento medio dei consumi inferiore all’1% in Italia e in Europa con volumi target al 2017 rispettivamente di circa 70 e 490 miliardi di metri cubi (rispetto a previsioni di crescita del 2-2,3% in media del piano precedente). Si osserva che il livello assoluto della domanda europea di gas previsto nel 2017 è inferiore di circa 50 miliardi di metri cubi rispetto al livello pre-crisi registrato nel 2008 a testimonianza di fenomeni di vera e propria “distruzione di domanda”. Nel 2008 il consensus di mercato vedeva la domanda gas al 2017 pari a circa 100 miliardi di metri cubi in Italia e circa 600 miliardi in Europa. Sulla base di tali previsioni di crescita, rivelatesi ampiamente sopravvalutate, gli operatori europei impegnati nella commercializzazioni di gas all’ingrosso (midstreamer) avevano stipulato con i Paesi produttori prospicienti l’Europa (Russia, Algeria, Libia, Norvegia e Paesi Bassi) contratti di approvvigionamento di gas di lungo termine con clausole take-or-pay con i quali si sono assunti il rischio volume e sostenuto i relativi investimenti di espansione della capacità di importazione delle pipeline.

Le ridotte opportunità di vendita a causa della contrazione della domanda causata in particolare dal crollo dei consumi termoelettrici, la rivoluzione dello shale gas USA con il conseguente dirottamento di rilevanti flussi mondiali di GNL verso altri mercati, e i potenziamenti delle dorsali d’importazione da Russia e Algeria realizzati negli anni pre-crisi e dei terminali di ricezione del GNL hanno modificato in maniera strutturale le dinamiche competitive e gli economics del settore europeo del gas. Gli operatori del gas sono stati spiazzati da un lato dalle rigidità dei contratti di approvvigionamento long-term, dall’altro dallo sviluppo di Hub molto liquidi favoriti dall’oversupply. I prezzi spot del gas quotati presso tali Hub sono diventati il benchmark di riferimento nelle contrattazioni bilaterali di fornitura in luogo delle formule indicizzate al prezzo degli idrocarburi. Nonostante un certo assorbimento dell’eccesso di GNL grazie alla crescita delle economie asiatiche, i prezzi spot il cui livello è fissato dall’incontro di domanda e offerta evidenziano un trend debole a causa del calo dei consumi e della continua pressione competitiva. In tale scenario, i margini del gas degli intermediari sono stati compressi dall’andamento divergente tra i prezzi spot e la posizione di costo indicizzata al prezzo del petrolio e dei derivati nelle formule “oil-linked” dei contratti di approvvigionamento di lungo termine. Inoltre i vincoli minimi di prelievo stabiliti dalle clausole di take-or-pay di tali contratti e la necessità di contenere l’impatto finanziario a esse associato hanno indotto gli operatori in un mercato in contrazione a competere in maniera ancora più aggressiva sulla leva prezzo (v. paragrafo successivo sui rischi dei contratti di take-or-pay). Di tale situazione hanno tratto beneficio i clienti di grandi dimensioni ed evoluti che riescono a ottenere condizioni economiche e di flessibilità più vantaggiose grazie all’ampia disponibilità di gas spot. Nel corso del 2013 il mercato Italia ha registrato il crollo senza precedenti dei prezzi di vendita spot ai clienti industriali e termoelettrici, scesi sotto i livelli degli Hub continentali a causa del perdurante eccesso di offerta e della crisi congiunturale. Inoltre le Autorità di regolamentazione del settore hanno modificato le formule di indicizzazione del costo della materia prima nelle tariffe tutelate applicate al segmento residenziale introducendo i prezzi spot rilevati presso gli Hub continentali. Tale sviluppo rappresenta un rischio per la redditività del segmento retail. Simili processi di revisione delle tariffe nel settore residenziale sono incorso in altri paesi dell’UE (v. rischi di regolamentazione). Questi driver hanno determinato la continua flessione dei margini di commercializzazione del gas e la progressiva perdita di redditività dell’attività Mercato di Eni che ha chiuso il 2013 con la perdita operativa reported di circa €3 miliardi che sconta svalutazioni di asset di circa €2 miliardi in funzione delle ridotte prospettive di redditività. Tali svalutazioni includono circa €920 milioni relativi al parco centrali termoelettriche di Eni che è stato penalizzato dalla contrazione dei margini all’ingrosso dell’energia elettrica prodotta da gas a causa del calo della richiesta elettrica e dell’oversupply alimentata dalla continua crescita del fotovoltaico, dai bassi prezzi del carbone e dei certificati per l’emissione di CO2.

Il management prevede che nei prossimi due/tre anni il debole andamento della domanda a causa delle incertezze macroeconomiche e della crisi del termoelettrico, il rischio di rincari del costo oil-linked del gas approvvigionato, il permanere di offerta abbondante e la forte pressione competitiva con la conseguente erosione dei prezzi di vendita e dei margini unitari costituiranno fattori di rischio per la performance dell’attività Mercato di Eni, con impatti negativi attesi sui risultati operativi e sui cash flow futuri del business, anche in relazione agli obblighi di take-or-pay previsti dai contratti di approvvigionamento di lungo termine (v. Fattore di rischio successivo).

In tale scenario il management intende rinegoziare il pricing e le altre condizioni di fornitura dei contratti di approvvigionamento di lungo termine, quale principale leva per recuperare la redditività e tutelare la generazione di cassa del business. I contratti di approvvigionamento take-or-pay prevedono meccanismi contrattuali di revisione che consentono alle parti di rinegoziare periodicamente gli elementi essenziali per tener conto delle modifiche del mercato e del quadro competitivo.

A tal fine il management intende rinegoziare tutti i principali contratti long-term con l’obiettivo di allineare il costo del gas approvvigionato alle condizioni di mercato e ridurre i vincoli di prelievo. L’esito di tali rinegoziazioni è incerto in relazione sia all’entità dei benefici economici, sia al timing di rilevazione a conto economico. Inoltre, in caso di mancato accordo sulle rinegoziazioni attivate, i contratti di norma prevedono la possibilità delle parti di ricorrere a un arbitrato per la definizione delle controversie, il che rende maggiormente incerto l’esito delle stesse. Poichè alcuni clienti Eni hanno a loro volta aperto procedure di revisione dei prezzi di somministrazione, ne deriva un grado crescente di volatilità e scarsa prevedibilità dei risultati dell’Attività Mercato Eni. Nel corso del 2013 Eni ha finalizzato alcune rinegoziazioni di contratti di approvvigionamento di lungo termine conseguendo benefici economici e maggiore flessibilità operativa.

Guardando al lungo termine oltre l’orizzonte di piano, il management ritiene possibile un nuovo ciclo negativo del settore a causa dei rischi sul lato offerta in relazione a nuovi flussi mondiali di GNL legati all’avvio di importanti progetti upstream (in particolare nell’area del Pacifico e in Mozambico), al probabile potenziamento delle esportazioni di gas da parte degli USA e agli sviluppi nello shale gas in Europa e Asia.

I trend negativi in atto nel quadro competitivo del settore gas rappresentano un fattore di rischio nell’adempimento degli obblighi previsti dai contratti di acquisto take-or-pay
Per assicurarsi un’adeguata disponibilità di gas nel medio/lungo termine a sostegno dei programmi di vendita, contribuendo alla sicurezza di approvvigionamento del mercato europeo in generale e di quello italiano in particolare, Eni ha stipulato contratti di acquisto di lungo termine con i principali Paesi produttori che riforniscono il sistema europeo. Tali contratti che dal 2010 assicurano circa 80 miliardi di metri cubi/anno di gas (incluso Distrigas ed escluso l’approvvigionato delle altre società consolidate e collegate) hanno una vita residua media di circa 15 anni con formule prezzo indicizzate al prezzo del petrolio e dei derivati (gasolio, olio combustibile, ecc.). Tali contratti prevedono la clausola di take-or-pay che, in caso di mancato prelievo del volume annuo minimo (Annual Minimum Quantity – AMQ) definito contrattualmente, fa scattare l’obbligo in capo a Eni di pagare, per la quantità in difetto, una quota (variabile da contratto a contratto) del prezzo contrattuale calcolato come media aritmetica dei prezzi-base mensili con riferimento all’anno di mancato prelievo. A fronte di ciò, Eni ha la facoltà di prelevare, nel corso degli anni contrattuali successivi, la quantità parzialmente pagata, purché sia stata prelevata l’AMQ dell’anno. Il limite temporale di recupero varia da contratto a contratto (per alcuni entro i dieci anni successivi, per altri entro la durata residua del contratto). Al momento del ritiro delle quantità pre-pagate, Eni paga la parte residua del prezzo, calcolando quest’ultima come la percentuale di complemento a 100 della media aritmetica dei prezzi base mensili in vigore nell’anno di prelievo. Considerazioni analoghe valgono per gli impegni contrattuali ship-or-pay. Il meccanismo degli anticipi contrattuali espone l’impresa sia a un rischio prezzo (e conseguentemente anche a un’opportunità), tenuto conto che una porzione importante di questo si forma nell’anno di mancato prelievo, sia a un rischio volume, nel caso di impossibilità a recuperare i volumi pre-pagati in funzione dell’andamento della domanda.

Il management ritiene che gli attuali trend di mercato, di perdurante debolezza della domanda e offerta abbondante, la possibile evoluzione della regolamentazione del settore, nonché la crescente pressione competitiva costituiscono fattori di rischio per l’adempimento delle obbligazioni di prelievo minimo stabilite dai contratti di approvvigionamento take-or-pay e l’associata esposizione finanziaria. Dall’inizio della crisi del gas alla data di riferimento della Relazione finanziaria annuale 2013, Eni ha rilevato deferred cost (al netto degli utilizzi) per l’ammontare complessivo di €1,9 miliardi sostenendo i relativi esborsi finanziari a fronte dei volumi gas riguardo ai quali è sorto l’obbligo di corrispondere il prezzo contrattuale in base alle clausole di take-or-pay poiché i ritiri sono stati inferiori agli obblighi minimi di prelievo. Considerati i piani aziendali di vendite stabili o in leggera flessione nel 2014 e negli anni successivi di piano, il management ritiene che l’adempimento degli obblighi minimi di prelievo nel prossimo quadriennio sia a rischio. Il management intende adottare le opportune iniziative per contenere l’esposizione take-or-pay e l’associato rischio finanziario con particolare riguardo al mercato italiano dove la dimensione attesa della domanda è inferiore rispetto agli obblighi di prelievo minimo degli operatori. Tali iniziative comprendono la rinegoziazione dei contratti long-term sia dei termini economici per rendere maggiormente competitiva l’offerta Eni sia dei termini di flessibilità per ridurre i vincoli di prelievo, nonché l’utilizzo della leva commerciale e altre azioni innovative con i fornitori al fine di ristrutturare il portafoglio di approvvigionamento.

Per quanto riguarda gli attivi dello stato patrimoniale legati ai deferred cost, allo stato, sulla base dell’evoluzione attesa della domanda e dell’offerta di gas in Europa, delle proiezioni interne di vendita e di margini unitari nel lungo termine, il management ritiene che i volumi di gas per i quali Eni è incorsa nella clausola di take-or-pay, con conseguente pagamento dell’anticipo prezzo, saranno ritirati negli anni oltre l’orizzonte di piano nel rispetto dei termini contrattuali con il conseguente recupero dell’anticipo corrisposto.

Rischi connessi con la regolamentazione del settore del gas in Italia
Il Decreto Stoccaggi del 2011 stabilisce la quota di mercato all’ingrosso detenibile da ciascun operatore che immette gas naturale nella rete nazionale di gasdotti. La quota massima consentita è fissata al 40%, elevabile al 55% nell’ipotesi di assunzione dell’impegno vincolante alla realizzazione in Italia, entro cinque anni, di 4 miliardi di metri cubi di nuova capacità di stoccaggio. Il superamento delle soglie citate fa scattare l’obbligo in capo all’operatore di procedere a misure di “gas release” a prezzo amministrato nei due anni successivi la violazione per volumi di gas complessivamente non superiori a 4 miliardi di metri cubi.

Eni ha assunto l’impegno alla realizzazione della nuova capacità di stoccaggio consentendo, come previsto dal decreto, la partecipazione alla realizzazione delle nuove infrastrutture/potenziamento di quelle esistenti a clienti industriali, aggregazioni di imprese, consorzi di clienti finali e produttori di energia elettrica. Inoltre, il Decreto Stoccaggi prevede che, nel periodo di sviluppo della nuova capacità di stoccaggio, ai soggetti investitori richiedenti siano riconosciuti i benefici derivanti dalla nuova capacità di stoccaggio come se quest’ultima fosse completamente utilizzabile fin da subito.

A decorrere da aprile 2012, i soggetti investitori industriali possono accedere alle cd. “misure transitorie fisiche” sulla capacità di stoccaggio conferita loro a titolo definitivo e non ancora entrata in esercizio. Tali misure consentono ai clienti investitori di consegnare il gas nel periodo estivo in corrispondenza dei punti TTF, Zeebrugge o Punto di Scambio Virtuale (PSV) ai cd. “stoccatori virtuali” (selezionati dal GSE – Gestore dei Servizi Energetici SpA con apposita procedura aperta), per ottenerlo al PSV nel periodo invernale, e poter così beneficiare del differenziale di prezzo estate-inverno. I soggetti investitori hanno l’obbligo di offrire tale gas al PSV.

Eni si è impegnata a contribuire per il 50% al meccanismo di anticipazione dei benefici a condizioni economiche definite dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e AEEG. Eni ritiene che tale regolamentazione contribuirà a incrementare il grado di concorrenzialità del mercato all’ingrosso del gas in Italia.

L’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (“AEEG”), in virtù della legge istitutiva n. 481/95, svolge funzione di monitoraggio dei livelli dei prezzi del gas naturale e definisce le condizioni economiche di fornitura del gas ai clienti che hanno diritto al servizio di tutela. Le decisioni dell’AEEG in tale materia possono limitare la capacità degli operatori del gas di trasferire gli incrementi del costo della materia prima nel prezzo finale. I clienti che hanno diritto al servizio di tutela sono i clienti finali domestici e i condomini a uso domestico con consumi inferiori a 200 mila metri cubi/anno, nonché, per effetto del D.Lgs. 93/11, tutti i clienti civili non domestici con consumi inferiori a 50.000 metri cubi/anno e le attività di servizio pubblico che svolgono attività di assistenza (ospedali, case di cura e altri). Con la delibera n. 196/2013/R/GAS l’AEEG ha riformato le tariffe gas con efficacia ottobre 2013; la nuova struttura della tariffa è così articolata:

  1. Componente materia prima basata al 100% sui prezzi spot in luogo dell’indicizzazione a un paniere di contratti long-term o oil-linked;
  2. Contestuale introduzione di componenti compensative, per garantire una gradualità nel passaggio:
    • CCR, componente a copertura dei rischi/costi connessi con le attività di approvvigionamento all’ingrosso che prende in considerazione il passaggio al nuovo modello di approvvigionamento;
    • Componente GRAD, destinata per i prossimi 3 anni termici, a tutti i venditori al dettaglio, con il fine di garantire un passaggio graduale dai prezzi oil-linked ai prezzi legati ai mercati spot (come previsto dalla legislazione);
    • Componente APR, introdotta per promuovere una rinegoziazione effettiva dei contratti long-term. Questa componente, calcolata sugli anni termici 2013-2014 e 2014-2015, consiste in un meccanismo di assicurazione proposto su base volontaria ai venditori dotati di contratti di approvvigionamento top di lungo termine. L’implementazione di questa componente e i relativi obblighi per i venditori partecipanti sono ancora in fase di discussione.
  3. Riforma delle componenti logistiche (attraverso la riduzione della tariffa di trasporto e il rimborso di quella di stoccaggio);
  4. Aumento rilevante dei costi commerciali al dettaglio e dei margini della componente tariffaria.

Il complessivo impatto della riforma consente un punto di equilibrio tra i clienti finali e le esigenze dei venditori.

In modo analogo, diversi regolatori in Paesi europei d’interesse Eni hanno allo studio provvedimenti finalizzati a introdurre componenti “Hub” nelle formule di aggiornamento delle tariffe di fornitura ai clienti retail e altre misure volte a favorire la liquidità e l’apertura del mercato del gas.

La capacità commerciale dell’impresa e la politica dei margini sono limitate dagli effetti del decreto legge n. 112 del giugno 2008 che ha introdotto la maggiorazione IRES del 5,5% poi aumentata al 6,5% (cosiddetta Robin Tax), e da ultimo incrementata di ulteriori 4 punti percentuali per il triennio 2011-2013, a carico delle imprese del settore energia. La norma ha istituito il divieto di traslare sui prezzi al consumo la maggiorazione d’imposta attribuendo all’AEEG il compito di vigilare sull’osservanza del divieto.

Tali provvedimenti volti a incrementare il grado di concorrenzialità del mercato rappresentano fattori di rischio e di incertezza per il business gas di Eni; al riguardo il management non esclude la possibilità di impatti negativi sui risultati economici e i cash flow futuri del business gas di Eni.