Lettera agli azionisti

Nel 2013 Eni ha affrontato un anno difficile in tutti i settori di business.

Nell’upstream, la produzione d’idrocarburi ha subito forti riduzioni in Libia e, in minor misura, in Nigeria ed Algeria a causa di tensioni sociali, di conflitti interni ed altri fenomeni riconducibili a fattori di rischio geopolitico. Nel mid-downstream la crisi economica e la competizione di altre fonti energetiche hanno determinato un’ulteriore caduta della domanda di gas e carburanti, in particolare in Italia. Infine, Saipem ha registrato un forte calo di profittabilità nel 2013 per il peggioramento del valore di alcune commesse.

Nonostante questi straordinari fattori negativi, Eni ha conseguito nel 2013 risultati operativi e finanziari solidi facendo leva sulla forza del portafoglio e sui processi di turnaround in corso nei business mid-downstream.

Paolo Scaroni, Amministratore Delegato e Direttore Generale / Giuseppe Recchi, Presidente
Amministratore Delegato e Direttore Generale Paolo Scaroni e Presidente Giuseppe Recchi (foto)

La generazione di cassa è stata robusta grazie alla produzione E&P che ha realizzato un cash flow medio di 30 dollari/barile, nonostante i minori introiti nei paesi penalizzati dagli eventi geopolitici. Le azioni di ottimizzazione in atto in G&P, R&M e nella Chimica hanno migliorato la posizione di cassa di oltre €2 miliardi. Infine, grazie alla flessibilità assicurata da un portafoglio di opportunità sempre più ampio grazie ai recenti risultati esplorativi, Eni ha potuto monetizzare una quota del 20% della scoperta in Mozambico per €3,4 miliardi e cedere la partecipazione negli asset siberiani di Articgas, con un incasso di €2,2 miliardi avvenuto nel gennaio 2014, senza intaccare le prospettiva di crescita futura. Gli investimenti hanno mantenuto nell’anno un profilo costante, in linea con il trend avviato dal 2009 di attenta selezione dei progetti.

In un anno davvero difficile, Eni ha realizzato un utile netto in crescita del 23% sul 2012 e mantenuto il proprio indebitamento costante.

Grazie alla solidità finanziaria e alle prospettive di evoluzione del business, Eni ha deciso di incrementare la politica di distribuzione con un dividendo aumentato di circa il 2% e l’avvio del programma di riacquisto di azioni proprie.

In definitiva, a conclusione del triennio, consegniamo ai nostri azionisti un’azienda sempre più focalizzata nell’upstream, con eccellenti prospettive di redditività e di generazione di cassa grazie ad un portafoglio di progetti e riserve tale da consentire anche opzioni di monetizzazione anticipata e con una chiara strategia di ristrutturazione dei business mid e downstream. Dal punto di vista patrimoniale la società è più forte con debiti netti dimezzati rispetto a tre anni fa.

L’esplorazione è la base della nostra strategia upstream. In quest’attività Eni continua a conseguire risultati al top dell’industria: dal 2008 sono stati scoperti 9,5 miliardi di barili, pari a 2,5 volte la produzione del periodo. Anche il 2013 è stato un anno brillante con 1,8 miliardi di nuove risorse accertate al costo competitivo di 1,2 dollari/barile. I principali ritrovamenti sono stati Agulha e l’appraisal di Mamba e Coral nell’Area 4 in Mozambico, nella quale stimiamo un potenziale fino a 2.650 miliardi di metri cubi di gas in loco, Nené Marine in Congo che ha aperto un nuovo play ad olio di grande potenziale, l’appraisal di Sankofa nell’offshore del Ghana, Norvegia, Australia, Pakistan ed Egitto. Il successo nell’esplorazione, frutto delle competenze interne e della nostra organizzazione, è la caratteristica che maggiormente distingue Eni fra le grandi compagnie petrolifere internazionali.

Nel prossimo quadriennio ci poniamo obiettivi esplorativi sempre più sfidanti, con un’attenzione particolare rivolta ai temi emergenti dell’Africa Sub-Sahariana, del Mare di Barents e dell’Asia del Pacifico. In Africa i nostri obiettivi sono i giacimenti presalini di Congo, Angola e Gabon, il completamento della campagna di appraisal in Mozambico e l’avvio dell’esplorazione nel bacino Lamu in Kenia. Nel Mare di Barents russo operiamo in joint venture con Rosneft che ha già avviato i rilievi sismografici in una regione a grande potenziale. Anche il Barents norvegese si conferma area straordinariamente promettente e, dopo lo start-up di Goliat atteso a fine 2014 e primo progetto ad olio della regione, prevediamo un rapido sviluppo delle recenti scoperte. Nel Pacifico intendiamo procedere con l’esplorazione in Vietnam e Myanmar e confermare il nostro impegno in Indonesia e Australia. Le altre aree di frontiera che intendiamo esplorare sono quelle russa e ucraina del Mar Nero, dove è già presente la scoperta di petrolio di Subbotina. Nell’offshore di Cipro abbiamo acquisito con il ruolo di operatore tre licenze esplorative nel promettente bacino di Levantine in prossimità d’importanti scoperte a gas. L’altro tema d’interesse strategico per la nostra esplorazione è la rivisitazione degli asset legacy ai quali stiamo applicando, con risultati sorprendenti, le competenze acquisite nella prospezione di frontiera. Un esempio al riguardo è rappresentato dalla straordinaria scoperta di Nené nel permesso Marine XII, un blocco già fortemente esplorato nel quale abbiamo individuato grazie ai nuovi obiettivi esplorativi risorse in loco di 2,5 miliardi di barili.

Manteniamo inoltre il nostro impegno nel time-to-market delle risorse scoperte e adottiamo un approccio selettivo nella pianificazione delle singole fasi dei progetti. Nel prossimo quadriennio prevediamo 26 principali avvii di nuovi campi, in particolare Goliat nel Mare di Barents, il Blocco 15/06 West Hub in Angola, gli asset venezuelani a gas e olio pesante e Jangkrik in Indonesia, che nel 2017 contribuiranno con oltre 500 mila barili giorno al sostegno della crescita e del rimpiazzo delle produzioni mature. Il 70% di questi volumi è già sanzionato con costi e tempi di avanzamento dei relativi progetti in linea con i budget. Alla base di questi risultati è il nostro modello organizzativo che prevede la gestione diretta delle fasi d’ingegneria e un forte controllo delle attività di costruzione e di commissioning al fine di contenere al massimo il rischio di cost overrun.

L’eccellenza operativa è l’altro driver della nostra organizzazione, in particolare nelle attività di perforazione e completamento dei pozzi.

Il 2013 è stato un anno record nel controllo del rischio operativo, della salute e della sicurezza con un indice di infortuni inferiore del 60% rispetto alla media degli ultimi sei anni e la conferma per il decimo anno consecutivo di assenza di incidenti di pozzo. Per il futuro ci poniamo obiettivi ancora più ambiziosi. Nel prossimo quadriennio investiremo in iniziative di formazione e know-how sulla prevenzione degli incidenti e degli infortuni sul lavoro, in nuove tecniche per l’uso razionale delle risorse sfruttando in modo ottimale l’acqua di produzione e contenendo le emissioni di gas serra grazie ai progetti di flaring down.

In definitiva nel 2013 la Divisione E&P, nonostante l’impatto dei fattori geopolitici, ha ottenuto risultati eccellenti e ha posto le basi per una nuova fase di crescita produttiva, che sosterrà la generazione di valore e di cassa.

Le divisioni G&P e R&M e la Chimica hanno intensificato le azioni di ristrutturazione in un contesto di mercato ancora difficile.

G&P è stata impegnata nella rinegoziazione dei contratti di approvvigionamento long-term sia per allineare il costo di fornitura ai prezzi di mercato, sia per ridurre i vincoli minimi di prelievo (take-or-pay) e assicurare maggiore flessibilità alle proprie politiche commerciali. La strategia negoziale è condotta secondo una logica di composizione degli interessi economici del produttore e dell’acquirente nel rispetto del principio contrattuale che prevede un’equa ripartizione dei ritorni. Nel 2013 abbiamo rinegoziato le condizioni d’acquisto di circa l’85% dei nostri contratti di approvvigionamento di lungo termine. Tra il 2014 e il 2016 abbiamo l’obiettivo di finalizzare una nuova tornata di rinegoziazioni dalle quali ci attendiamo benefici sulla posizione di costo nell’ordine di €2 miliardi per anno. Sul fronte commerciale prevediamo di introdurre prodotti sempre più innovativi in linea con le esigenze dei grandi clienti, e di estrarre valore dai nostri asset fisici e contrattuali, superando il tradizionale modello di commercializzazione all’ingrosso. Nel segmento retail completeremo l’evoluzione del nostro ruolo da rivenditore di commodity a fornitore di servizi energetici a valore aggiunto puntando alla soddisfazione e fidelizzazione della clientela con un approccio “multipaese“. Vantiamo un portafoglio di circa 10 milioni di clienti in tutta Europa che intendiamo difendere ed accrescere facendo leva sulla notorietà del marchio Eni, la qualità del servizio e l’innovazione. La struttura dei costi fissi sarà semplificata attraverso la riorganizzazione delle attività post vendita, la razionalizzazione della logistica e la semplificazione organizzativa.

Nella Divisione R&M abbiamo ridotto la capacità di raffinazione del 13% dall’inizio della crisi e puntiamo a un ulteriore taglio del 22% nell’arco di piano. Oltre a questo, continueremo a essere selettivi negli investimenti, ad aumentare la flessibilità degli impianti, perseguendo nello stesso tempo la riduzione nei costi fissi e le azioni di risparmio energetico. Prevediamo di consolidare la presenza nel marketing di carburanti in Italia attraverso l’innovazione continua nei prodotti e nei servizi e con lo sviluppo del non oil. All’estero intendiamo focalizzare la presenza nei mercati in crescita, uscendo dalle aree marginali.

La nostra Chimica proseguirà il processo di riduzione di capacità nei business commodity, sempre più esposti alla competizione internazionale, di diversificazione nelle produzioni innovative di chimica verde e di espansione internazionale nei segmenti di mercato nei quali il know-how Eni costituisce un vantaggio competitivo. Nell’arco di piano sono previste in avvio le produzioni di bio-chemicals presso i siti di Porto Torres e di Porto Marghera e le joint venture con primari operatori in Corea del Sud e Malesia nel settore degli elastomeri. La leva tecnologica è il driver del rilancio: citiamo in particolare le iniziative in collaborazione con Genomatica e Yulex per la produzione di elastomeri da coltivazioni naturali non food in luogo della tradizionale derivazione petrolifera.

Il 2013 è stato un anno difficile per Saipem a causa del rallentamento nell’acquisizione di nuovi ordini e di criticità sul valore di alcune grandi commesse. La società ha risposto con un rinnovato focus sulle attività esecutive, la riorganizzazione del business e l’adozione di una strategia commerciale selettiva. Il 2014 sarà ancora un anno di transizione con un ritorno alla profittabilità la cui entità dipenderà oltre che dalla velocità di acquisizione delle gare in corso, anche dall’efficace gestione operativa e commerciale dei contratti a bassa marginalità ancora presenti in portafoglio.

I risultati dell’anno

I risultati del 2013 riflettono le complessità dello scenario. L’utile operativo adjusted è stato di €12,62 miliardi e l’utile netto adjusted €4,43 miliardi in riduzione di circa un terzo rispetto ai corrispondenti valori del 2012. I driver di questo peggioramento sono stati i fattori geopolitici nell’E&P che hanno causato una perdita di produzione di circa 110 mila barili/giorno per un livello annuo di 1,619 milioni di boe/giorno (-5% rispetto al 2012), la contrazione dei margini sulle vendite di gas, energia elettrica, carburanti e commodity chimiche in parte assorbita dalle azioni di ristrutturazione e il crollo della redditività di Saipem.

Nonostante questi impatti negativi, abbiamo conseguito un solido utile di bilancio, in aumento del 23% a €5,2 miliardi, grazie ai plusvalori realizzati con le operazioni di portafoglio E&P. Abbiamo generato un robusto flusso di cassa della gestione operativa di €11 miliardi che riflette il valore elevato della produzione E&P, le azioni di turnaround nei business mid-downstream nonché la disciplina finanziaria nei progetti di investimento. Le dismissioni hanno contribuito al flusso di cassa per €6,4 miliardi relativi principalmente all’operazione Mozambico e allo smobilizzo delle partecipazioni finanziarie Snam e Galp. Tali flussi hanno consentito di finanziare investimenti tecnici di €12,75 miliardi in linea con il trend degli ultimi anni e €3,95 miliardi di dividendi agli azionisti, mantenendo costanti l’indebitamento finanziario netto e il leverage, rispettivamente a €15,4 miliardi e a 0,25.

Sulla base dei risultati conseguiti il Consiglio di Amministrazione propone all’Assemblea Ordinaria degli Azionisti la distribuzione di un dividendo di €1,10 per azione (€1,08 nel 2012).

La Corporate Governance

Il nostro impegno nel business non può prescindere da un sistema di “governance” solido e strutturato. Nel corso di questo mandato, abbiamo promosso molte iniziative per migliorare il nostro sistema interno e quello nazionale. Nel luglio 2011 abbiamo pubblicato 35 proposte per la “governance” nazionale, che sono state recepite per la maggior parte nelle raccomandazioni di autodisciplina del dicembre 2011. Nel 2013 il Presidente dell’Eni ha tenuto un ciclo di incontri in Europa e negli Stati Uniti con i “proxy advisors” e i principali investitori, approfondendo i temi più rilevanti di “governance”. I riscontri sono stati positivi: oltre ad apprezzare l’iniziativa, i nostri interlocutori hanno evidenziato che la “corporate governance” di Eni è ben strutturata e fra le più valide in Italia. Soprattutto la trasparenza è stata valutata quale punto di forza della Società, con una qualità e completezza delle informazioni che le hanno permesso anche di essere premiata a livello mondiale per il proprio sito internet. Un pilastro fondamentale della “governance” di Eni è rappresentato dal modello di controllo interno e di gestione dei rischi, che la Società ha ulteriormente rafforzato nel corso del 2013 attraverso la definizione di strumenti normativi volti ad assicurare l’efficacia e l’efficienza complessiva del sistema. In tale contesto, Eni ha sviluppato un sistema di “risk management” integrato idoneo ad assicurare la corretta individuazione, gestione e monitoraggio dei rischi, non solo strettamente industriali. In particolare, il sistema prevede che i principali rischi della Società siano sottoposti periodicamente all’esame del Consiglio di Amministrazione. Anche il modello di controllo interno e di gestione dei rischi ha ricevuto generale apprezzamento nell’ambito dei predetti incontri con “proxy advisors” e investitori istituzionali.

Strategie e obiettivi di medio termine

L’outlook 2014 è caratterizzato da una moderata ripresa economica globale sulla quale tuttavia pesano le incertezze relative alla debole crescita in Europa e ai rischi delle economie emergenti. Il prezzo del petrolio è previsto su valori sostenuti nel breve termine per effetto dei rischi geopolitici pur in un quadro di relativo bilanciamento di domanda e offerta. Per le finalità di pianificazione degli investimenti assumiamo un prezzo del Brent di 90 dollari/barile nel lungo termine. Lo scenario competitivo rimarrà sfidante a causa dell’accresciuto rischio Paese nell’upstream e del perdurare dei deboli fondamentali nei business più esposti al mercato europeo. In particolare sui mercati del gas e dei prodotti petroliferi in Italia non prevediamo alcun apprezzabile recupero della domanda, mentre l’azione della concorrenza e l’eccesso di offerta e di capacità eserciteranno ancora una forte pressione sui margini.

In questo scenario confermiamo la strategia di crescita a elevato valore nell’upstream e di ulteriore consolidamento e turnaround degli altri business.

Nella E&P traguardiamo un tasso di crescita medio annuo delle produzioni pari al 3%, in linea con i nostri obiettivi di lungo termine, e la scoperta di 3,2 miliardi di boe di risorse esplorative, attraverso un piano di investimenti inferiore del 5% rispetto al piano precedente. La manovra quadriennale di Eni prevede uno spending di €54 miliardi, concentrato per l’83% nei progetti upstream.

Il focus operativo sarà rivolto all’avvio dei grandi progetti in portafoglio, alla riduzione del time-to-market e al riequilibrio del profilo di rischio dei paesi di presenza. L’entrata in produzione dei nuovi progetti con margini più remunerativi consentirà di espandere la generazione di cassa operativa del 5% annuo al nostro scenario.

Nei business mid-downstream il completamento delle azioni di ristrutturazione garantirà la loro sostenibilità economica e finanziaria anche in uno scenario sfavorevole come quello che ha segnato il 2013, riportando a breakeven le nostre attività nell’orizzonte di piano.

In conclusione, anche supportati da un sistema di Corporate Governance di riconosciuto valore e in grado di assicurare processi decisionali efficaci, siamo certi che le strategie e le azioni definite ci consentiranno di ottenere una solida performance in tutti i nostri business facendo leva sulla crescita a elevato valore nella E&P e sul ritorno alla profittabilità dei business mid-downstream attraverso la rinegoziazione dei contratti, le riduzioni di capacità, e il focus nei segmenti a premio. Questi driver e la rifocalizzazione del portafoglio assicureranno una robusta generazione di cassa con un incremento del free cash flow del 13% medio annuo nell’arco di piano al nostro scenario di prezzo. Tali prospettive sono alla base della nostra politica di dividendi progressivamente in crescita e di prosecuzione del buyback.

17 marzo 2014

per il Consiglio di Amministrazione

Giuseppe Recchi
Il Presidente
 

Firma di Giuseppe Recchi, Presidente (Firma)

Paolo Scaroni
L’Amministratore Delegato e Direttore Generale

Firma di Paolo Scaroni, Amministratore Delegato e Direttore Generale (Firma)