“Flotta verde”, la Marina militare del futuro sarà green
Dopo auto, aerei e pescherecci, anche portaerei e cacciatorpedinieri saranno alimentati con biocarburanti. La Marina Militare lavora da un anno in collaborazione con Eni al progetto «Flotta verde» e, dopo numerose ricerche e sperimentazioni, a gennaio 2014 c’è stato il primo test in mare. Il pattugliatore Foscari, salpato dal porto siciliano di Augusta, ha navigato per diverse ore utilizzando per la propulsione e la produzione dell’energia elettrica a bordo un combustibile sostenibile formulato ad hoc per la Marina. Il carburante è composto per almeno il 50% dal Green Diesel ricavato da materie prime rinnovabili che a partire dal prossimo aprile Eni produrrà nello stabilimento di Porto Marghera riconvertito a bioraffineria. Grazie al progetto, l’Italia è la prima della classe in Europa, e all’avanguardia all’interno della Nato: «Davanti a noi ci sono solo gli Usa, che però hanno investito in questo ambito diversi miliardi di dollari. Noi abbiamo ottenuto un ottimo risultato con una spesa molto minore, 300mila euro», spiega il capitano di fregata Pasquale Tripodi, capo dell’ufficio apparati motori del Genio navale.
OBIETTIVO 2016 – Lo scopo della Marina è avere tra due anni un’intera flotta in navigazione alimentata con il biocombustibile. La transizione verde interesserà una decina di imbarcazioni di base a Taranto. Saranno tutte unità di prima linea, tra cui la portaerei Cavour e due cacciatorpedinieri Orizzonte. Entro il 2020 si prevede di ridurre del 40% le emissioni inquinanti e di CO2 della squadra navale.
GREEN DIESEL PER LA NATO – «Dopo i test in laboratorio e le prove al banco motori, una parte importante delle sperimentazioni nel nostro centro ricerche di San Donato Milanese ha riguardato la formulazione. La miscela ottimale che abbiamo creato è costituita al 50% da GreenDiesel ottenuto da materie prime rinnovabili e per l’altra metà da combustibile derivato dal petrolio», spiega Giacomo Rispoli, responsabile Ricerca e sviluppo della divisione Refining & Marketing di Eni. Il biocarburante ha dovuto adattarsi alle caratteristiche particolari dei propulsori usati sui mezzi navali e alle specifiche previste dalla Nato per i combustibili per uso militare. Visto il rispetto di questi standard, anche i Paesi dell’Alleanza atlantica potranno utilizzare il biocarburante prodotto da Eni a Porto Marghera, aprendo prospettive importanti per l’industria italiana.
BIOCOMBUSTIBILI DI NUOVA GENERAZIONE - Con 100 milioni di euro di investimento, sta per concludersi la riconversione in bioraffineria dello stabilimento Eni di Porto Marghera. «Lì produrremo 300mila tonnellate di biodiesel all’anno. Partiremo usando olio di palma ottenuto nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani e certificato in accordo con gli standard Ue. Sono già attivi però alcuni progetti di ricerca per utilizzare in futuro anche scarti, come oli di frittura spenti, oli di mais e riso, grassi animali. Le nostre tecnologie sono già pronte», continua Rispoli. Progetti che serviranno all’Eni per soddisfare i target europei: «Oggi il vincolo comunitario è di utilizzare per la produzione di combustibili il 4,5% di biocarburanti e si dovrà arrivare al 10% nel 2020. Finora li compravamo sul mercato, ma quelli che produrremo a Venezia avranno performance migliori dal punto di vista motoristico e delle emissioni e un maggiore contenuto energetico. In virtù di quest’ultimo parametro ne utilizzeremo di meno rispetto al «Fame», cioè il biodiesel convenzionale, per rispettare nei gasoli finiti i target europei».